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Antonio Ligabue, il folle genio della pittura naïf
Artista outsider, genio tormentato, pittore naïf, o semplicemente Al matt. Antonio Ligabue, per la gente, era semplicemente “Il matto”.
Antonio Laccabue, da tutti conosciuto come Ligabue, nasce il 18 dicembre 1899 a Zurigo. Figlio di Elisabetta Costa, una donna originaria di Belluno e di padre ignoto. Solo dopo viene riconosciuto da Bonfiglio Laccabue, uomo di origini emiliane, che aveva avuto una relazione con la madre. Affidato alla famiglia Goebel, rimane orfano di mamma Elisabetta nel 1913, quando un’intossicazione alimentare uccide anche tre dei suoi fratelli. Antonio, considererà suo padre come responsabile della morte di Elisabetta, al punto di arrivare a cambiare il proprio cognome in Ligabue proprio per l’odio nutrito verso il genitore.
Un carattere difficile e l’insorgere di un chiaro disagio psicologico furono il suo marchio, fin da ragazzino. Affrontò anche l’esperienza del manicomio dopo una grave crisi di nervi. Da allora fu tutto un susseguirsi di ricoveri, fughe, denunce, vagabondaggi, autolesionismi, tentativi di recupero.
Anche dal punto di vista emotivo e intellettuale Ligabue mostra alcune difficoltà, non ama stare con i suoi coetanei, preferendo la vicinanza degli animali.
L’incontro che cambia la sua vita avviene nel 1928, quando Renato Marino Mazzacurati, uno dei fondatori della Scuola Romana, intuisce il talento che si nasconde nella sua arte genuina e decide di insegnargli a utilizzare i colori a olio.
Antonio Ligabue si dedica a dipinti e disegni. I disegni non sono mai studi preparatori o abbozzi delle tele, ma esercizi autonomi contraddistinti da tratti nervosi, a volte ricalcati, caratterizzati spesso da segni non puliti ma decisamente espressivi.
I dipinti, invece, si presentano come squillanti, addirittura violenti e nostalgici, arricchiti con dettagli precisi e spesso ambientati in scenari di vita campestre.
La parte più affascinante del suo lavoro pittorico sono i quadri dedicati agli animali. Dai cavalli e umili buoi al lavoro o lotte da pollaio fra galli spumeggianti, alle tigri dalle fauci spalancate, i leoni mostruosi, i serpenti e le aquile che ghermiscono la preda o lottano per la sopravvivenza, è una vera e propria giungla che l’artista immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po.
Dal primitivismo incerto della prima fase, fatta di una manipolazione ‘garbata’ di colori, si passa all’esplosione espressionista, fatta di colori violenti e dalla pennellata convulsa.
Le opere figurative di Ligabue, traboccano di nostalgia, di una violenza ancestrale, di paura e di eccitazione, di dettagli minuziosi.
Dopo essere stato battezzato e cresimato, Antonio Ligabue detto Al tedesch (Il tedesco) o Al Matt (Il matto) muore il 27 maggio 1965, e viene sepolto nel cimitero di Gualtieri.
Antonio Ligabue, “Autoritratto con berretto da motociclista” (dettaglio) – Collezione privata